I Tarocchi di Marsiglia
Qual è la grande differenza tra i Tarocchi di Marsiglia e quelli citati, tra i tanti esempi possibili, nel precedente capitolo? Che quei mazzi erano tutti riconducibili a un autore preciso e, di conseguenza, a una ben determinata corrente esoterica o iniziatica, mentre i i Tarocchi marsigliesi, o Tarot, come li chiameremo da adesso in avanti, sono a tutti gli effetti un’opera collettiva, anonima, il prodotto di un pensiero storico e filosofico reale ma non collegabile a un’origine o un autore certi. Tanti stampatori distribuiti nel tempo e in un territorio più o meno vasto, ma che hanno in comune una simbologia e disegni indubitabilmente caratterizzati da una base coerente e unitaria, tanto da far pensare a una sorta di corporazione dedita a diffondere, attraverso un prodotto commerciale come le carte, un insegnamento iniziatico preciso. Ovviamente confrontando i vari mazzi rientranti nella tradizione marsigliese, ciascuno troverà particolari e differenze che li distinguono, ma è evidente come, per esempio, le Pape del Tarot, di qualsiasi mazzo, non è quello di Rider Waite, o Crowley o Wirth, e lo stesso si può dire di qualsiasi altro Arcano… Questa cosa è fondamentale, perché se il Tarot è un”alfabeto”, chiamiamolo così, che si esprime attraverso disegni e simboli, e ovvio che disegni e simboli devono essere conformi e coerenti a un modello originario, a noi sconosciuto, ma unico. Per esempio, la singola carta è costruita, nel senso letterale e “geometrico” del termine, sulla proposizione data dal Numero Aureo, non diversamente dalle grandi opere architettoniche del passato (p.e.le cattedrali). Detto questo, è onestamente impossibile, come molti hanno tentato, dare una risposta certa sul quando e come sono stati creati: “sapendo di non sapere”, l’approccio più onesto è a mio parere concentrarsi sul concetto di creazione collettiva, anche perché il simbolo nel Tarot è estremamente duttile e composito e sono presenti elementi di molteplici tradizioni sapienziali, religiose, esoteriche e mitologiche (cristianesimo, cabala, mitologia greca, egizia, tradizioni alchemica, addirittura elementi delle religoni orientali). Al di là delle più spericolate ipotesi, la “moderna” tarologia prende le mosse dal monumentale lavoro di ricostruzione e restauro del Tarot intrapreso dal celebre artista Alejandro Jodoroski e Philippe Camoin, discendente di una famiglia di cartai marsigliesi. Il modello di partenza è stato il mazzo dello stampatore Nicolas Conver del 1760: il mazzo Camoin/Jodoroski, che ne è scaturito, rappresenta, di fatto, a sua volta il modello per i tanti che, in tempi più o meno recenti, hanno dato le loro versioni del Tarocchi di Marsiglia: potranno cambiare l’intensità o le sfumature dei colori, o ancora piccoli dettagli grafici, ma il Tarot è uno ed è ben identificabile e identificato. Ogni autore moderno giurerà che il proprio mazzo è quello filologicamente più accurato e fedele all’ipotetico originale, ma sempre si tratta di versioni rivedute e corrette del buon vecchio Conver! Possiamo dire che, con una certa astuzia, i moderni “cartai” offrono versioni del mazzo con a volte infinitesimali differenze non solo per “amore di verità e ricerca” ma anche per giustificare la propria interpretazione del senso generale del Tarot o per dare maggior valore al proprio metodo di lettura e uso degli Arcani: io credo che da tutti si può prendere qualcosa di buono e utile, anche perché, checché se ne dica, un modello interpretativo definitivo non è ancora stato trovato e, credo, difficilmente lo sarà. A volte sembriamo dimenticarci che non siamo nel campo della scienza… ma su questo tornerò più avanti. Quale che sia l’approccio metodologico che si adotta, il punto di partenza migliore è senz’altro il diagramma 3×7, o triplice settenario o diagramma Camoin che dir si voglia

Lo studio di questa disposizione grafica, o “mandala” come alcuni lo definiscono, è la base di tutta la tarologia attuale.
Continua…