Qualche accenno ai metodi di lettura

Chiunque si sia interessato ai Tarocchi, occasionalmente o con regolarità, è venuto a contatto con un gran numero di metodi di lettura tra i quali scegliere per provare a interpretare il messaggio degli Arcani. All’inizio del mio percorso, come spesso accade ai neofiti, ero estremamente rigido nella scelta: dopo i primi confusi approcci, la frequentazione di una celebre scuola in Italia (alla quale, sottolineo ancora una volta, devo quasi tutto ciò che so sui Tarocchi e di questo sarò eternamente grato) mi aveva convinto che uno era il metodo valido, gli altri poco più che una bizzarra eredità della tradizione cartomantica. Oggi, parallelamente alla convinzione che non esiste scientificità dimostrabile in questo settore, sono molto più flessibile e possibilista. In sostanza, credo che il metodo migliore sia quello con il quale il lettore si trova meglio e riesce a entrare in risonanza con il consultante: il grado di soddisfazione di chi si rivolge ai Tarocchi è il miglior metro possibile di giudizio. Chiariamo subito una cosa: non esiste un metodo storicamente o logicamente più accreditato di altri: possiamo leggere tante teorie, supposizioni e spiegazioni per avvalorare un approccio piuttosto che un altro, condividendone anche le idee di base, ma sempre teorie indimostrabili resteranno! Gli unici metodi tradizionalmente attestati, in un certo senso, sono proprio quelli che possiamo trovare in ogni buon manuale: a carte fisse, ad esempio croce semplice o celtica; tre carte passato-presente-futuro, disposizioni a ventaglio, piramide, ferro di cavallo, i Cinque elementi e chi più ne ha più ne metta.

Questi “giochi”, chiamiamoli così, sono sovente oggetto di critica da parte della moderna tarologia, corrente alla quale peraltro mi sento di appartenere in pieno, ma, a ben guardare, le basi su cui poggiano non sono maggiormente fondate di quelle degli approcci più attuali. Spesso vengono elencati metodi specifici per il tipo di questione che si affronta: punto di svolta, come in tanti altri ambiti, ha rappresentato il già più volte citato libro di Jodorowski (e Marianne Costa), La Via dei Tarocchi: stese da due carte in su, differenti anche per come vengono disposte (sovrapposte, affiancate, incrociate, a scala ecc) rispondono via via a domande su aspetti molto particolari e definiti. Anche qui, come nella tradizione, alle posizioni delle carte nello schema viene spesso dato un significato preciso (impedimenti, punti di forza, consigli, obiettivi…). Per esempio, sempre da Jodorowski, a me piace molto il metodo cosiddetto del Mondo (ne ho parlato nel passato) e, recentemente, per restare “nei pressi”, ho accennato a un metodo molto interessante proposto da Marianne Costa che sfrutta Arcani Maggiori, Minori e Figure precedentemente disposti in tre mazzi separati, e che trovo molto buono per le autoletture (pratica che frequento assai poco). In generale, possiamo concordare che per una lettura base con domanda servano almeno tre carte: anche utilizzando altri Arcani, a seconda del metodo, l’80% della lettura sta, per esperienza, nelle prime tre. Personalmente non ho nulla in contrario ai metodi con le carte in numero e posizioni prefissate, la Croce semplice su tutti: ci ho provato, mi affascina molto, ma non lo padroneggio, ho grande rispetto per chi ci riesce! Inutile girarci intorno, la Tarologia, nel senso più attuale, prende le mosse dal metodo utilizzato da Philippe Camoin (https://it.camoin.com/tarot/Tarocchi-insegnamento-Metodo-Camoin.html) e che viene autorevolmente diffuso in Italia da altri: dopo i primi confusi approcci, è stata proprio la frequentazione di una scuola che lo utilizzava che mi ha fatto fare un salto di qualità nella conoscenza, nella comprensione e nell’uso del Tarot come “macchina metafisica”. Per i pochi che non lo sapessero, è un consulto che parte da tre carte (Arcani Maggiori), dritte o rovesciate a seconda di come sono state estratte, e alle quali se ne aggiungono altre in base alla nota legge della carta sguardo e con l’estrazione di “carte soluzione” sopra gli Arcani usciti a rovescio (NB: per questo tipo di metodo è essenziale l’uso dei Tarocchi di Marsiglia, condizione non tassativa per altri).

Non c’è dunque un numero predefinito di carte né posizioni preordinate: la lettura si svolge in base alle dinamiche degli sguardi tra personaggi, della ripetizione dei simboli e delle parole chiave, delle ridondanze tra carte vicine, o poste all’estremità del tiraggio e altro ancora. Attraverso il dialogo con il consultante si da così vita a letture molto coinvolgenti e approfondite ma, a mio parere, con l’esperienza, spesso un po’ troppo complicate e difficili da gestire: prova è che, magari di fronte a stese di 10 o più carte, necessariamente ci si rivolge a prenderne in considerazione solo un piccolo gruppo, spesso le prime tre uscite o le ultime. Soprattutto l’uso della carta soluzione al passato (non approfondisco per non appesantire troppo il discorso) innesta dinamiche nelle quali è facile perdere la direzione…

Una variante di questo metodo è quello dell’Institute for Study of Initiation and Symbolism (ISIS) diffuso in Giappone da un allievo di Camoin (https://www.isis-osiris.jp/english/aboutus.html). Qui curiosamente, le carte soluzione sono poste sotto gli Arcani eventualemente rovesciati, non sopra, e non viene creato un terzo piano di carte, cosa invece molto frequente in Camoin.

L’ISIS è anche autore di un mazzo di Arcani molto particolari, Marsigliesi nella sostanza, ma con colori, disegni e resa grafica peculiari. Lo ammetto senza problemi, dopo anni di utilizzo del Metodo Camoin o “Tradizionale” (che dir si voglia…), il trovarmi spesso di fronte a tiraggi di dieci o più carte, disposte dritte o rovesciate, su uno o due-tre o addirittura quattro livelli, che andavano senza posa verso il passato o, viceversa, verso il futuro, ha cominciato a stancarmi un po’, confondeva me e il consultante. Da qui il mio avvicinamento verso il tipo di lettura più sintetica, che attualmente uso in maniera prevalente, ossia il TDM di Francesco Guarino (https://scuolatdm.com/): in sostanza prende anch’esso le mosse da quello di Camoin, con l’utilizzo delle carte sguardo, ma con l’impiego degli Arcani solo al dritto, con motivazioni devo dire convincenti.

Ovviamente sto parlando qui solamente del meccanismo in base al quale si aggiungono le carte, non entro nel merito delle dinamiche di osservazione e interpretazione dei Tarocchi (Legge del due, confronto tra simboli, utilizzo delle parole chiave, codici ecc). Non è facile ovviamente rinunciare al potente richiamo degli Arcani a rovescio, con il loro palese sottolineare un qualche genere di “problema”, e infatti a volte non ci rinuncio: in fondo il senso di questo articoletto è proprio ribadire la libertà nell’uso del Tarot! Più controverso, lo ammetto, è per me oggi il ricorso alla carta soluzione: in fondo, se un Arcano rovesciato in un determinato tiraggio ci indica, ad esempio, una difficoltà di atteggiamento del consultante verso una determinata situazione, basta rimettere la carta nel suo verso naturale per trasmettere alla persona il consiglio/concetto che rovesciare il suo punto di vista e atteggiamento sia alla fine la soluzione più logica e semplice! E con questo giungo infine al mio più recente oggetto di studio e interesse, il CBD open reading di Yoav Ben-Dov. Allievo diretto di Jodorowski, Yoav Ben-Dov di base utilizza uno schema piuttosto essenziale: ricorrendo a tre Arcani maggiori, si possono affrontare praticamente tutte le domande! Non è infatti tanto questo che mi interessa qui, ma sono soprattutto i tre punti che lui fissa come base fondante del suo “open reading method” e che a mio parere sono i cardini con i quali noi possiamo identificare in generale l’approccio tarologico a prescindere dallo specifico schema di lettura usato.

1) un Arcano non ha un significato prefissato da mandare a memoria, esso emergerà durante la lettura

2) Non esistono neanche posizioni prefissate, è la combinazione delle carte nella singola lettura che le metterà in relazione

3) Piuttosto che interpretare le carte una ad una, è bene considerare l’intera sequenza.

Questi punti sottolineano l’inutilità di considerare ogni Arcano come un archetipo fisso e stereotipato al quale associare decine di parole chiave e, soprattutto, ribadiscono che i Tarocchi sono uno strumento per prima cosa visivo, che attraverso gli elementi grafici presenti in ciascuna carta ci parlano e ci danno i mezzi per comprendere il loro linguaggio. Tenendo presente questi principi, applicabili a ogni mazzo ma che sicuramente trovano la loro massima espressione nei Tarocchi di Marsiglia, ogni lettore, indipendentemente dalle piccole o grandi differenze di metodo, avrà la possibilità di utilizzare al meglio questo meraviglioso strumento di verità e conoscenza.

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